Inter, Marotta: “Chivu? Qualcuno voleva Mourinho, alla Juve culmine personale”

Giuseppe Marotta ha commentato il suo percorso nel mondo del calcio e sottolineato le motivazioni per aver scelto Cristian Chivu alla guida dell'Inter

3 min di lettura

In occasione dell’executive master Management dello Sport, organizzato dalla RCS Academy Business School, Beppe Marotta, intervistato da Dallera del Corriere della Sera ha commentato i periodo dell’Inter e ripercorso gli step principali della sua carriera che lo hanno portato ad essere oggi presidente nerazzurro: “Nel 1983 Ernesto Pellegrini mi chiese di venire all’Inter come Piccolo Manager, ma se avessi accettato allora, oggi non sarei presidente. Bisogna arrivare a certi traguardi con calma e senza fretta, sapendo gestire i momenti”.

Pubblicità

Poi prosegue: “Il culmine personale della mia carriera l’ho raggiunto alla Juventus, quando avevo 60 anni e padronanza massima delle mie capacità professionali. Ho appreso tanto da Marchionne, anche se non c’entrava niente con la Juventus era fautore della politica del cambiamento. Il leader è coraggioso e perseverante, deve saper ascoltare”.

Marotta poi continua il suo intervento parlando anche della scelta di optare per Cristian Chivu sulla panchina dell’Inter: Mi meraviglio che ci sia gente sorpresa dalla bravura di Chivu, lo abbiamo scelto per i valori che lo rappresenta. Da parte nostra cìè stato il coraggio di andare controcorrente anchea livello mediatico, qualcuno addirittura evocava Mourinho, che con tutto il rispetto… Se non avessi avuto il coraggio me ne sarei pentito”.

Inter, Marotta: “San Siro contenitore di emozioni, ma una ristrutturazione non era immaginabile”

Marotta nel corso del suo intervento ha parlato anche del San Siro divenuto di proprietà di Inter e Milan a seguito del rogito approvato e che presto verrà abbattuto per far posto ad uno stadio più moderno: “Per i vecchi romantici pensare all’abbattimento di San Siro porta amarezza e nostalgia. Io stesso ci sono entrato per la prima volta nel 1966. È stato un contenitore di emozioni enormi. Ma così non si tiene conto dell’innovazione e del concetto di modernità”.

E ancora: “Bisogna rispettare criteri che devono essere presenti all’interno di uno stadio: sicurezza che non c’è, accoglienza, per poter stare allo stadio tutto il giorno con intrattenimento di ogni genere e senso di appartenenza. Avere una propria casa. Non era immaginabile una ristrutturazione e così si è arrivati all’abbattimento. Bisogna farlo per forza. Lo stadio nuovo porta benefici diretti e indiretti, non avere più una cattedrale nel deserto, ma un punto di riferimento anche durante la settimana. Noi oggi siamo i fanalini di coda, incassiamo 80 milioni l’anno dai matchday, l’obiettivo del Real Madrid è superare mezzo miliardo”:

Condividi questo articolo
Nessun commento
- Pubblicità -