Pressione psicologica, depressione, malessere: queste possono essere alcune sensazioni che un giocatore può provare nel corso della propria carriera. In una lunga intervista al Corriere della Sera, Fredy Guarin, ex giocatore dell’Inter, ha confessato di aver vissuto un brutto periodo proprio durante la sua esperienza in nerazzurro, che lo hanno portato a rifugiarsi nell’alcol diventato ovviamente un problema: “Ho bussato alle porte dell’inferno. Ho dovuto toccarle per rinascere. Dico sempre che strade come quella dell’alcolismo hanno quattro destinazioni: l’abbandono, l’ospedale, il carcere e la morte”.
“Io sono arrivato fino alla terza, mi ero costruito una prigione interiore. Sono stato ad un passo dall’ultima, la fine di tutto”. Guarin ripercorre l’inizio del suo malessere: “Nel 2012 arrivai in Italia, un sogno diventato realtà. L’Inter ancora oggi è una famiglia per me“. Ho due immagini in mente, il mancato scambio tra me e Vucinic e il gol nel derby. Il primo è stato un momento duro, il club mi aveva avvisato dell’offerta della Juventus. Io volevo rimanere, ma Mazzarri chiedeva Vucinic, i tifosi pensavano che fossi io a spingere per l’addio. La rete contro il Milan è stata l’ultima con la maglia nerazzurra, ho ancora i brividi”.
Poi prosegue: “Durante i miei mesi all’Inter ho iniziato a bere, ma l’alcol non era il vero problema. Stavo male per la mia situazione familiare. Mi stavo separando dalla mia ex moglie, ero lontano dai miei bambini e non lo accettavo. L’alcor era un tentativo di rispondere al mio malessere, un rifugio dove nascondermi. Gli altri si erano accorti della situazione: Zanetti, Stankovic, Mancini, Icardi, Cordoba e altre persone all’Inter cercavano di aiutarmi, ma il problema era troppo grande e difficile da controllare. Per questo motivo ho dovuto lasciare l’Italia”.
Guarin si confessa: “Per tre volte ho pensato di togliermi la vita”
Guarin prosegue: “In Colombia ho giocato le mie ultime partite. Avevo smesso di bere, ma dopo qualche mese ho ricominciato ed è stata la fine. Ho smesso col calcio e sono stati anni di autodistruzione. Bevevo e basta, senza reagire. Un giorno ho aggredito mio padre, ero ubriaco e non ero io. Ogni volta che posso lo abbraccio e mi scuso, ma lui mi ha già perdonato da tempo“. E ancora: “Ho pensato di suicidarmi, e tre volte ho provato a togliermi la vita, Dio mi ha salvato. Un giorno ero a casa da solo e avevo bevuto. Chiamavo le persone ma non mi rispondeva nessuno. Stavo pensando di farla finita. Ho telefonato la mia psicologa e al mio agente per chiedere aiuto. Mi hanno portato in una fondazione e lì è iniziata la mia partita più importante. Poi mi è stato fatto un programma riabilitativo e non ho smesso più di seguirlo”
