A Torino, nella serata più amara per l’Inter, l’unica vera luce ha avuto i tratti e i piedi raffinati di Hakan Calhanoglu. Il turco ha tenuto in piedi i nerazzurri con una doppietta che ha illuso i tifosi e reso meno dura la caduta contro la Juventus. Non solo i due gol: i suoi 99 tocchi di palla e la precisione del 96% nei passaggi raccontano di una partita da regista assoluto, MVP anche in una notte segnata dalla sconfitta.
Un’estate di voci, ma Calha è rimasto
E pensare che l’estate sembrava destinata a scrivere un altro capitolo. Voci insistenti lo spingevano verso la Turchia, con indiscrezioni arrivate da ogni fronte: dai salotti familiari al barbiere, passando persino per il padre. Si parlava di un addio inevitabile, nonostante lui non avesse mai chiesto la cessione. Alla fine, però, nessuna offerta concreta è arrivata e Calhanoglu è rimasto. In silenzio, senza mai esporsi direttamente, si è limitato a ricomporre pubblicamente il legame con Lautaro e a concentrarsi sul campo.
Chivu e il “problema” del regista intoccabile
Per Cristian Chivu, la sconfitta con la Juve ha reso ancora più evidente l’importanza di Calhanoglu. Il tecnico romeno, chiamato a guidare la transizione dopo l’era Inzaghi, deve fare i conti con un giocatore che resta centrale e imprescindibile. Dal mercato sono arrivati giovani interessanti come Sucic e Diouf, ma nessuno con lo status per mettere in discussione il numero 20.
L’idea di virare verso un 3-4-2-1 apre scenari tattici complessi: un modulo in cui Calhanoglu rischierebbe di sembrare fuori contesto, ma dopo un derby d’Italia così diventa quasi impossibile immaginare l’Inter senza il suo cervello in mezzo al campo. Un “problema” di lusso, che ogni allenatore vorrebbe: avere un regista che, anche nella sconfitta, riesce a illuminare la notte più buia.