Inter buona brutta e cattiva, Chivu come Leone: Inzaghi è un ricordo

Come un moderno Sergio Leone, Cristian Chivu ha ideato quella che può essere definita un'Inter buona, brutta e cattiva: Simone Inzaghi diventa quindi un ricordo

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Nel calcio, come nella vita, ripartire dopo una cocente delusione è necessario ma al contempo difficile. La luce in fondo al tunnel appare lontana e avvicinarsi ad essa diventa un’impresa, come lo scalatore che deve raggiungere la vetta di una montagna. Eppure l’Inter, al netto di un avvio complicato, tra critiche e scetticismo, sarebbe riuscita proprio in questo intento. La finale di Champions League non può essere dimenticata facilmente – specialmente trattandosi di un 5-0 netto e senza discussione – ma i nerazzurri sono stati in grado di rialzarsi, lasciando tutto alle loro spalle e voltando pagina. Una rinascita non preventivabile con certezza a inizio estate, quando il castello di carte sembrava essere definitivamente crollato.

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Simone Inzaghi aveva infatti salutato dopo la debacle patita con il PSG, a fronte di un’offerta irrinunciabile dall’Arabia Saudita e con la consapevolezza di aver dato tutto e forse anche di più alla causa. I giorni seguenti sono stati caratterizzati dai dubbi e l’incertezza su chi avrebbe succeduto il “Demone”. Per approdare nel futuro, i vertici della Beneamata hanno compiuto un passo indietro, affidando la panchina ad un volto del passato, ad uno degli eroi silenziosi del Triplete. Stiamo parlando di Cristian Chivu, alla prima grande esperienza fra i professionisti dopo la salvezza centrata con il Parma.

Per il coach di Resita, però, si è trattato di un ritorno anche come tecnico, avendo guidato la Primavera meneghina con ottimi risultati nella sua breve carriera. Una scelta forte, un azzardo visto dall’esterno addirittura come un ripiego data la mancanza di alternative. L’allenatore rumeno è riuscito in qualche semplice ma arguta mossa a raddrizzare la nave, a ridare fiducia e sicurezza ad un intero gruppo scosso emotivamente e mentalmente. Come un moderno Sergio Leone, insomma, Chivu ha ideato quella che può essere definita a tutti gli effetti un’Inter buona, brutta e cattiva.

Chivu, allenatore dell'Inter
Chivu, allenatore dell’Inter

L’Inter buona: Chivu alza il pressing e non rinuncia al gioco

Nell’arco degli ultimi anni, grazie al lavoro svolto da Inzaghi ed il suo staff, l’Inter è stata etichettata come la squadra con il miglior gioco d’Italia. Il rendimento delle punte, gli esterni di centrocampo che diventavano ali, i braccetti che si sovrapponevano con costanza. Il coach piacentino ha costruito uno mosaico perfetto, un ingranaggio in cui ogni pezzo ha funzionato alla perfezione. E di tutto questo, Chivu è stato ben consapevole sin dal giorno della firma sul contratto con il club. Perché la bravura sta anche nel riconoscere cosa funge in un contesto, apportando qualche piccola modifica per compiere un ulteriore step di crescita.

L’ex difensore ha mantenuto la squadra stabile con il suo consueto 3-5-2, alzando però il baricentro ed il pressing sul primo possesso avversario. Una decisione che sta premiando, con i finalisti dell’ultima Coppa Campioni che recuperano alto la palla e arrivano facilmente al tiro. Basti pensare alla prima uscita contro il Torino, in cui la seconda, terza e quinta rete vengono siglate grazie alla pressione apportata sulla formazione rivale. Oltre a questo, però, l’Inter si sta dimostrando molto più verticale, con un modo di attaccare che sfrutta maggiormente le doti atletiche dei quinti e dei centravanti. La gara con la Roma ne è l’esempio lampante. Nicolò Barella in possesso, pallone in verticale per Ange-Yoan Bonny che scatta sul filo del fuorigioco e trafigge Mile Svilar. Con questi due fondamentali ritocchi, Chivu ha imposto il suo credo, la sua chiave di gioco con uno sguardo al nuovo che avanza.

Esultanza Inter
Esultanza Inter

L’Inter brutta: la sofferenza di Roma come mantra

“Queste vittorie ci insegnano che le partite non sono mai semplici. Tutti hanno dato il massimo, era importante sbloccare il risultato. Poi abbiamo dimostrato spirito di sacrificio e di essere umili. Abbiamo corso l’uno per l’altro, questo fa la differenza ed è il motivo per cui in passato abbiamo vinto campionati e coppe”. Queste sono solo alcune dichiarazioni rilasciate da Nicolò Barella al termine della sfida tra Roma e Inter. Il centrocampista sardo ha messo in evidenza il volto “brutto” della squadra, quella sofferenza da cui nascono proprio i grandi successi.

Una caratteristica che Chivu non ha dovuto aggiungere, bensì rispolverare e riportare in auge insieme ai suoi ragazzi. Il processo non è stato facile, se si va a prendere come riferimento una delle prime giornate dell’attuale campionato, più nello specifico quella contro la Juventus. Proprio la trasferta di Torino è stata il punto di svolta, il breaking point – per dirla all’inglese – dell’undici milanese. Da quel momento sono stati concessi solo 2 gol contro Cremonese e Sassuolo.

Oltre alla rete inviolata in quel dell’Olimpico, però, ha impressionato il modo dell’Inter di abbassarsi, di coprire tutti gli spazi, di lottare su ogni palla come fosse l’ultima dei 90′ minuti. Un merito che non va attribuito solo alla retroguardia, ma anche agli altri calciatori di movimento. Dai centrocampisti che hanno esaurito le energie fisiche fino agli attaccanti che hanno lavorato di sponda, passando per i quinti che sono rimasti bloccati. L’undici di Chivu si è riscoperto unito, compatto, un gruppo a tutti gli effetti votato al sacrificio per ottenere il massimo risultato.

Inter
Inter

L’Inter cattiva: il cinismo ed un attacco spietato

Uno dei mantra più celebri nel mondo del pallone è “La miglior difesa è l’attacco“. Specialmente nel nostro calcio, c’è chi è d’accordo con questa affermazione e chi è invece fautore della concretezza, di quel cinismo che ad alti livelli è fondamentale possedere. Chivu ha saputo cogliere i tratti positivi da entrambe le scuole di pensiero, plasmando un’Inter capace di siglare 27 gol in 10 sfide tra campionato e Champions League. I nerazzurri, però, stanno dando prova di saper colpire anche alla prima occasione messa a referto.

Tornando nuovamente sul match contro i giallorossi dello scorso sabato, infatti, Bonny ha segnato lo 0-1 alla prima chance costruita. Durante l’arco dei 90′ minuti, il club della Madonnina crea spesso e volentieri i presupposti per battere l’avversario, macinando tiri e opportunità senza alcun tipo di sosta e freno. Si tratta di una vera e propria fiera del gol, che conta ben dieci marcatori diversi. L’Inter riesce ad arrivare al tiro sia per vie centrali che sviluppando il gioco sulle corsie esterne, senza dimenticare quelle palle inattive diventate ormai cruciali nel calcio moderno e curate nel minimo dettaglio. Un modo di gestire il pallone poliedrico, che di fatto manda in crisi la diretta avversaria.

Ange-Yoan Bonny con la maglia dell'Inter
Ange-Yoan Bonny con la maglia dell’Inter

Inter, da Bonny a Pio Esposito: nuovi attori protagonisti per Chivu

L’inter di Inzaghi è finita spesso e volentieri nell’occhio del ciclone per quanto concerne la scarna scelta nei due d’attacco, con i vice Lautaro Martinez e Marcus Thuram che non si sono dimostrati all’altezza per sostenere tre impegni. Nel finale della scorsa annata, infatti, la Thu-La è stata costretta agli straordinari. Una mancanza di alternative che Chivu ha prontamente evidenziato, con la dirigenza che è corsa ai ripari. Il 44enne ha chiesto uno sforzo in primis per Ange-Yoan Bonny, allenato in quel di Parma. Il francese è stato individuato come una seconda punta di movimento, grazie alla gamba ed una tecnica di cui ha dato sprazzi nella scorsa stagione.

ll secondo passo – tutt’altro che scontato – è stato il veto sulla cessione di Francesco Pio Esposito. Un figlio calcistico per Chivu, che lo ha visto crescere e diventare uomo. Reduce dalle ottime prestazioni con lo Spezia, il centravanti italiano si è calato da subito nella parte ritagliatagli, diventando in poco tempo il beniamino dei tifosi della Beneamata. L’ultimo tassello, e non per importanza, è quello che conduce a Manuel Akanji, prelevato in prestito con diritto di riscatto da un Manchester City che lo ha messo alla porta dopo anni di onorevole servizio. Lo svizzero ha colpito come un tornado l’ambiente milanese, strappando la titolarità come braccetto di destra con maestria.

Hanno fatto notizia anche le nuove giovinezze di Henrikh Mkhitaryan e Francesco Acerbi, leader caratteriali all’interno dello spogliatoio che sono rinati come delle fenici dalle loro ceneri. E ci sono, infine, quegli attori che cercano ancora una parte di rilievo, come quegli Andy Diouf e Luis Henrique che si stanno adattando ai ritmi del nostro calcio, ben diverso da quello francese. La certezza, però, è una: l’Inter ha archiviato la gestione Inzaghi una volta per tutte. La regia è ora affidata pienamente a Chivu, che come un Sergio Leone dei nostri tempi vuole scrivere una pagina di storia grazie ad una squadra buona, brutta e cattiva.

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